Propuestas (en italiano) del economista Stefano Zamagni para el seminario que organizó el Foro Ecuménico Social junto con el Dicasterio para el Servicio del Desarrollo Humano Integral:
Industry 4.0 evoca l’avvento della 4ª Rivoluzione Industriale, cioè dell’introduzione nei processi produttivi di nove tecnologie abilitanti (robot autonomi, realtà aumentata, cloud computing, big data, internet delle cose, sicurezza informatica, integrazione dei sistemi orizzontali, simulazione, produzione additiva), che cambieranno tutto, dentro e fuori della fabbrica. La fabbrica si trasforma radicalmente: cambiano l’organizzazione, le modalità di svolgimento, i tempi e l’idea stessa di lavoro. Attorno alla fabbrica mutano le relazioni interpersonali, il rapporto con la natura, i modelli culturali, il senso della democrazia.
Tutto ciò provoca reazioni polarizzate: da un lato, gli iper-pessimisti, preoccupati soprattutto degli effetti distruttivi sull’occupazione; dall’altro, gli iper-ottimisti acritici che credono nelle “magnifiche sorti progressive” dell’umanità. La DSC rifiuta entrambi gli estremismi, perché sa che se l’obiettivo è sia umanizzare il lavoro nella rivoluzione digitale sia porre il bene comune come faro dell’agire economico, l’ultima cosa da fare è mettersi ideologicamente sulla difensiva. La tecnologia contiene i valori di chi li progetta.
Molti lavori non consentono lo sviluppo integrale, come la Laudato Si’ insegna, ma è possibile servirsi delle nuove tecnologie per estendere le attività in cui l’uomo non solo cresce, ma fiorisce. Certo, è una grande sfida. E’ in ciò la nuova responsabilità dell’imprenditore cristiano, oggi. Il quale sa che la tradizione – cioè la DSC – è la salvaguardia del fuoco, non la custodia delle ceneri.
Molti managers si trovano oggi ad affrontare un nuovo dilemma: il disallineamento tra la logica della cultura partecipativa propria dei social media, che incoraggiano la collaborazione orizzontale, e il modello ancora imperante nell’impresa, che enfatizza i processi lineari di tipo taylorista e il controllo gerarchico. Le nuove tecnologie pongono in crisi dinamiche di potere tradizionali. Gestire nuove dinamiche richiede molto di più che semplicemente saper utilizzare le tecnologie; significa cambiare lo sguardo sulla realtà dell’uomo; significa agire da mentori più che da capi gerarchici.
La digitalizzazione non sta solo cambiando gli strumenti di gestione del lavoro, sta reinventando il modo in cui le organizzazioni sono disegnate, costruite e gestite. Siamo oggi nelle condizioni di porre in pratica – se lo si vuole realmente – il principio della centralità della persona umana, uno dei quattro pilastri della DSC.
Le scelte organizzative che compiono oggi le aziende concorrono a porre le fondamenta per il futuro di un’economia digitale volta allo sviluppo umano integrale. Lungo questi percorsi di trasformazione si devono riscrivere le basi del contratto sociale che lo Stato ha nei confronti dei cittadini:
a) Come ripensare il sistema educativo per offrire ai giovani non solamente le competenze tecniche, ma anche le abilità relazionali necessarie a crescere in un sistema così fluido?
b) Quale sistema di welfare deve supportare una società di questo tipo, preso atto che il tradizionale welfare statale non è più sufficiente?
c) Quali tutele vanno disegnate per i lavoratori, onde evitare gli aspetti negativi di un errato utilizzo della tecnologia sia sul piano psicologico (stress, auto consapevolezza, autostima) sia sul piano sociale (armonizzazione dei tempi di lavoro e dei tempi di vita familiare; inclusione sociale; riduzione delle diseguaglianze)?